Beppe Liotta Loredana Mazzone
Mio padre era figlio unico.
Avevamo lasciato Tano nel precedente libro (“Ho scritto Tano sulla sabbia”), come questo scritto a quattro mani, scrittura ormai consolidata, in una situazione di tranquillità ,dopo varie traversie ,e lo ritroviamo a risolvere un’altro rompicapo.
Tano vuole ricostruire il suo passato, il nonno adorato, personaggio estroverso e particolare per l’epoca, fuori dalla norma, le sue origini umili ma dignitose.
Vorrebbe scrivere un libro e per questo deriso soprattutto dalla figlia, con la quale ogni tanto è in contrasto.
Ma ancora una volta gli capita un fulmine a ciel sereno, Cala della pecora, splendida tenuta di famiglia, pare non essere di sua proprietà. Una persona sconosciuta è arrivata a rivendicarla come sua.
Tano non ha più pace e nemmeno la sua famiglia, quella tenuta è sua ereditata dal nonno, almeno così ha sempre creduto.
Si butta letteralmente alla ricerca di ogni cosa che possa arrivare a suo favore, persino scomodando i morti, ed ancora di più cercando nella vita dei suoi avi e del nonno in particolare.
L’unica che potrebbe aiutarlo a ricostruire la storia è sua madre ma non è sufficiente e soprattutto non aveva in simpatia il nonno. Tano cerca prove, ormai anche la sua famiglia sua moglie e i figli non ne possono più.
Come si conclude questa traversia lascia a bocca aperta.
Il libro è molto piacevole, con qualche incursione dialettale ma comprensibile, si legge tutto d’un fiato perché incuriosisce molto sapere come l’intrigo viene sciolto.
Consiglio la lettura e anche il primo libro “Ho scritto Tano sulla sabbia “, che introduce il personaggio, ma i due libri possono leggersi tranquillamente separati.
Anna Cavestri