Oggi, dopo qualche tempo torniamo a caccia di miti, vi siamo mancati?
Le janas o gianas sono gli esseri fantastici della Sardegna per antonomasia, i più conosciuti delle leggende sarde. Sono donne piccole e minute, magiche, abitanti nelle tombe prenuragiche scavate nelle rocce, che.infatti vengono chiamate domus de janas o domos de gianas. Le conoscevate?

Probabile ne abbiate già sentito parlare o abbiate letto qualcosa di queste fatine, protagoniste di tanti racconti popolari, di storie contandine e di pastorizia, di favole e fiabe per i più piccoli in tutta la Sardegna.
Ma attenzione, queste creature non sono sempre necessariamente buone o fate, possono anche essere streghe, maghe, oppure vampiri.
Queste creature immaginarie della tradizione popolare sarda, sono donne minute e lunatiche, a volte streghe e a volte fate. Esse sono molto più piccole degli esseri umani, sono come elfi. Sono considerati demoni nel senso greco del termine, a metà strada fra il mondo umano e il mondo divino. Il fatto di essere piccole permetteva loro di vivere in piccoli alloggi costruiti nella roccia, detti Domus.
Ma combinazione le Domus coincidono con edifici funerari ricavalti nella roccia 5000 anni fa in tutta la Sardegna. Le caverne erano poste una vicino all’altra a formare necropoli che potevano ospitare anche un centinaio di corpi.
Le janas devono, come sembra, alla romana Diana il proprio nome. Infatti Diana era notoriamente vergine così anche le Janas sono chiamate Virghines. In realtà ci sono nomi molteplici con cui sono chiamate queste fate, a seconda del luogo d’origine.
Le Janas ricordano un po’ le genti delle Colline del nord Europa e il popolo dei Sidhe, anch’esse vivono nel sottosuolo. Sono piccole, tra i 25 e i 70 centimetri, e sono spesso associate ad animali piccoli, agili e veloci, difficili da acciuffare. Solitamente si vestono di rosso e indossano in testa un fazzoletto. Dalle loro case non escono mai, se non al crepuscolo e di notte, perché il sole nuoce gravemente alla loro pelle bianchissima.
Alcune leggende sarde descrivono la società delle Janas simile a quella delle api, con la funzione riproduttiva delegata alla sola Jana Maista, regina delle Janas.
E il rito com’era?
Per capire il motivo della genesi di queste fatine o streghette va prima capito il culto, i corpi in queste Domus venivano posti in posizione fetale con vicino gli averi necessari per il viaggio verso l’aldilà secondo la credenza del tempo. Si pensa che i defunti venissero posizionati in quel modo solo dopo essere stati lasciati all’aria, dopo che rimaneva solo lo scheletro.
Ma come sappiamo “Domus” in latino significa casa ed infatti queste “Domus de Janas” sono la perfetta miniatura, pari alla metà, delle case tipiche della antica civiltà nuragica. Quindi anche i morti avevano una loro casa dove abitare e questo perché si credeva molto nella reincarnazione. Così i corpi venivano pitturati di ocra rosso, il colore rosso del sangue che avrebbe riportato il defunto alla rinascita.

I luoghi delle Janas
Praticamente si trovano in tutta la Sardegna, siano esse fate o streghe, sono sempre leggende uniche, mai uguali l’una all’altra, sempre originali anche perché ogni Janas ha poteri unici, tutti suoi, e particolari qualità fisiche e spirituali. E così pare evidente, che anche la cultura rupestre sarda si dimostri incredibilmente varia e unica.
Le troveremo come janas, gianas o giannèddas, ma non solo, possono avere altri nomi come ad esempio Birghines, nome con cui vengono chiamate in Barbagia, a Isli margianas. A nord, nel Sassarese li chiamano Li Faddi. L’originalità porta anche ad avere anche Janas di sesso maschile, altre in sembianze di vampiri, altre ancora streghe.
A Fonni le leggende sulle Janas, ci raccontano di esseri minuscoli di ambo i sessi, bellissimi e incantatori, non solo per come apparivano esteticamente, ma anche per via della loro voce splendida e ammaliante. Questi piccoli elfi vivevano nelle domus de janas, caverne che si scavavano da soli con l’utilizzo di accette o altri arnesi.
Ad Aritzo la leggenda racconta di piccole fate molto laboriose ed abili, alte attorno ai venticinque centimetri, dotate di un’intelligenza superiore a quella umana. Vivevano in piccole case scavate nelle rocce con arredi autocostruiti, dove coltivavano il grano e facevano il pane. Cacciavano animali che mangiavano crudi e si procuravano varie erbe officinali.
Le Janas della Barbagia usavano, nelle belle giornate, mettere all’aria aperta i loro oggetti più preziosi e persino l’arredamento, salvo poi fuggire dagli uomini, molto più grossi di loro e barricarsi nelle domus. Fate schive dunque che amavano star per conto loro.
A Belvì, le janas invece sono donne molto ricche e belle, giunte da paesi molto lontani che all’inizio amarono gli uomini, regalandogli ricchezze e aiutandoli con la magia nei lavori più duri nei campi e in pastorizia. Si dimostrarono generose e mansuete finché gli uomimi furono bravi con loro.
Ma ad un certo punto gli uomini divennero egoisti, cattivi e avari finché le janas decisero di abbandonarli e sparire per sempre.
Ma ci sono anche quelle cattive…
A Tortoli, in Ogliastra, le janas sono streghe con unghie affilate e lunghe mammelle che si gettavano dietro le spalle come fossero capelli per non farli toccare per terra e per allattare i bambini che tenevano in cesti sulla schiena.
Le lunghissime unghie di ferro o d’acciaio, consentivano loro di scavare le loro domus nelle rocce senza alcun attrezzo e di “offendere” in molti casi gli uomini che non andavano a genio.
A Tempio, Oniferi e Nuoro, le Janas sono streghe o maghe che un tempo convissero con gli uomini, poi si isolarono e divennero malvagie, soprattutto nell’area di Tempio Pausania.
A Oniferi e Nuoro le Janas sono streghe o maghe anche peggiori per gli esseri umani, che devono evitarle e guai a entrare nelle Domus de Janas, dove si trovavano terribili mostri divoratori di uomini.
Altre Janas sono quelle tessitrici di Nuragus, Isili e Gorroppu.
A Isili le Janas hanno poteri premonitori con cui decidono il destino di molti uomini e la loro dimora più nota è il nuraghe Is Paras, appena fuori dal paese. Alcuni affermano ancora oggi di sentire il rumore del telaio d’oro, specialmente la notte, mentre le Janas lavorano.
Un telaio d’oro sarebbe custodito anche nella tenebrosa gola di Gorroppu e nel Supramonte di Orgosolo. Secondo alcune leggende locali le Janas e altre creature magiche hanno vissuto a lungo in questi luoghi dove gli uomini difficilmente arrivavano.
Anche a Nuragus le Janas erano donne molto ricche e belle, che uscivano solo la notte poiché di giorno temevano si rovinasse la loro candida pelle. Dotate di dita fini e delicate, tessevano tutto il giorno ed erano gentili e soavi, ma diventavano terribili se venivano guardate e molestate dagli esseri umani.
A Cabras le Janas sono scomparse dal nostro mondo ma hanno il loro tesoro nascosto. Nessuno sino ad oggi però l’ha mai trovato. Uno di questi tesori sarebbe nascosto sulla collina di Montoe, luogo dove esisteva uno splendido palazzo abitato dalle Janas.
Altra celebre dimora è Sa domu ‘e Orgia (Orgìa), un antico tempio presso Esterzili, dove dimorava una strega cacciata dagli uomini che si vendicò lasciando due vasi, uno pieno di api e l’altro di musca macedda, che sono ancora sotterrati lì.
A Laconi le Janas hanno un’altra sembianza, sono simili alle panas, ovvero le anime delle donne morte di parto, che si riuniscono sulle rive dei fiumi e lavano i panni dei loro neonati.
A Orosei si sono tramandate alcune leggende che riferiscono di Janas come fantasmi di donne morte, come Maria Mangrofa, ultima custode del villaggio Ruinas, oggi scomparso, dal quale avrebbe portato via con sé un telaio dorato, un immenso tesoro e splendide stoffe di ogni genere. Maria Mangrofa era bellissima, fata e strega, la Jana di Orosei sarebbe ancora oggi la custode e avrebbe il potere di far guarire dalle malattie degli occhi.
A Tonara le Janas cambiano ancora forma, qui sono vampiri, tutti vestiti in maniera identica, piccoli, tozzi e di sesso indistinguibile. Essi vivevano in caverne e antiche domus, quando qualcuno si avvicinava alle loro abitazioni, stendevano uno scintillante velo tutto bianco e filato maestosamente, che ricopriva la campagna.
Le persone ignare ne rimanevano ammaliati e attratti. Ma il velo era come tela di un ragno e lo sfortunato passante veniva catturato e gettato in una buca insieme ad altre vittime. Qui diventava la preda della Jana Maista, la malefica regina delle Janas, che gli succhiava il sangue come un vampiro.
Oggi, nel XXI secolo, qualcuno potrebbe pensare che le janas siano superate..e invece…ancora affascinano i più piccoli, e non solo.
Sono una tradizione molto radicata, nello spirito di ogni sardo…