Abraham B. Yehoshua
La figlia unica
Siamo in una città del Nord Italia, durante le feste di fine anno a cavallo del millennio. Rachele Luzzatto ha dodici anni, è la figlia unica di una facoltosa famiglia ebraica.
Curiosa e irrequieta, attenta osservatrice capace con i suoi commenti di ribaltare i luoghi comuni degli adulti, è però piuttosto confusa riguardo alla propria identità.
Da un lato, per prepararsi alla cerimonia del suo Bat Mitzvah, deve impegnarsi nello studio della lingua ebraica, delle preghiere e dei precetti. Dall’altro, i suoi insegnanti la reputano adatta a interpretare il ruolo della Vergine Maria nella recita di Natale.
A Rachele piacerebbe partecipare con i suoi compagni di scuola alla rappresentazione, peccato che il padre la pensi diversamente. Convinto della sua fede e dei suoi principî, il padre di Rachele non può accettare che la ragazzina impersoni proprio «la madre di Dio».
Ma le ferme idee del padre non sono le uniche ad affollare (e disorientare) i pensieri di Rachele negli anni cruciali per la
sua formazione.
Ci sono i racconti, avventurosi e terribili insieme, del nonno paterno, spacciatosi per prete in un paesino di mare, per sopravvivere alle persecuzioni durante la seconda guerra mondiale. Ci sono le convinzioni della nonna materna, atea dichiarata, o la fervente fede di suo marito, cattolico devoto.
Quando poi, in quegli stessi giorni di festa e confusione, viene diagnosticata al padre una grave malattia, le inquietudini e le domande di Rachele diventano gli universali interrogativi di ogni essere umano di fronte al mistero.
E così sei rimasta figlia unica, viziata e felice.
– Per niente viziata e per niente felice. È triste essere figlia unica.
(p. 119)
È la prima volta che il grande scrittore israeliano ambienta una storia in Italia, un paese con cui ha una relazione speciale, e di cui si sente quasi «cittadino onorario».
E come sempre, le sue parole sono le chiavi per spalancare le gabbie dell’identità e dell’appartenenza.
Ha detto in un’intervista che questo è l’ultimo libro che ha scritto e che non ne seguiranno, per l’aggravarsi della malattia.
Augurandogli ogni bene, va scritto che Yehoshua è uno scrittore di grande spessore e ha dato molto alla letteratura, la speranza di leggerlo ancora la voglio mantenere
Anna