Tutto nasce dalla lettura di una piccola tesi di specializzazione in conservazione e restauro di un ragazzo di Marittima, scritta nell’anno accademico 2006-07 presso l’Accademia di Belle Arti di Lecce. Da una parte mi ha risvegliato la voglia di rivedere ancora una volta gli affreschi della cripta di S.Maria della Grotta ad Ortelle, dall’altra cercherò modestamente, di dare un contributo anch’io a disvelare i misteri dipinti in questa grotta in parte naturale ed in gran parte scavata nel tufo carparino della zona. In particolare vorrei soffermarmi su un dipinto posto sulla parete meridionale, che da sempre colpisce tutti i visitatori di questo luogo sacro.
Il dipinto molto rovinato ed a volte poco leggibile vede due grandi figure ai lati, che sostengono quello che sembra un velo quaresimale.
In alto il Padre Eterno osserva la scena, mentre in basso troviamo le teste oranti probabilmente dei committenti, degli autori o di notabili dell’epoca in cui è stato dipinto l’affresco. Sotto i piedi delle due figure femminili, il sole da un lato, la luna dall’altro. Tutti questi elementi spero ci aiuteranno a districare il mistero.
Il giorno che ho scattato le foto le pareti erano umide ed in parte ravvivavano il colore delle figure dipinte, dall’altra i sali minerali contenuti in essa stanno rovinando sempre più i preziosi dipinti. Intanto il dipinto lo daterei del primo quarantennio del XV secolo.
Tralasciando il Padre Eterno in alto come osservatore privilegiato della scena, mi concentrerei sulle due figure ai due lati del velo. Quello che leggerete ora naturalmente è solo il mio parere.
Prima figura femminile posta alla sinistra di chi osserva il dipinto, si tratta di una donna con la corona di regina, ora, non sono molte le donne di quell’epoca menzionate come regine nella storia. Io propenderei per Maria D’Enghien-Brienne che regina lo è stata veramente avendo sposato in seconde nozze Ladislao di Durazzo re di Napoli.
Il suo periodo sfortunato da regina durò pochi anni fino alla morte prematura di Ladislao. Proprio la mancanza del vero potere regale, soffiato a Maria D’Enghien dalla sorella, quindi cognata di lei, Giovanna, spingono la mancata regina a commissionare gli affreschi della basilica di S. Caterina a Galatina, la chiesa di S. Stefano a Soleto e questa cripta ad Ortelle, dove riporta in forma allegorica la sua stessa vita mischiata a figure di santi e brani evangelici. Ricordiamo che Ortelle insieme alla contea di Castro apparteneva alla famiglia Orsini Del Balzo in quel periodo in cui presumo che sia stato dipinto l’affresco in questione, cioè tra il 1417, data in cui Maria D’Enghien torna in Terra d’Otranto ed il 1446 data della sua morte. In questi anni a regnare su questi luoghi vi era il figlio Giovanni Antonio, figlio di Raimondo Orsini Del Balzo, primo marito di Maria D’Enghien. Questo secondo me ci aiuta a sostenere che i mirabili affreschi cateriniani a Galatina, quelli di S. Stefano a Soleto e questo nostro di Ortelle siano coevi, non solo per il periodo, ma anche per la committenza e per gli autori di questi splendidi affreschi.
La seconda figura femminile alla destra di chi osserva il dipinto è quello che intriga di più. La stola e la tiara papale ci ricordano la leggenda della Papessa Giovanna. Potrebbe essere davvero lei? La luna dipinta in basso sotto i suoi piedi ci racconta di Iside, della carta dei tarocchi, raffigurata tramite un cane e un lupo che stanno appunto ululando alla luna. In primo piano si trova una riva e uno specchio d’acqua da cui emerge uno scorpione. Dentro la Luna si può scorgere il volto di una donna molto triste che sembra piangere lacrime di luce. Ma è anche un chiaro riferimento al Cristo ed al nuovo testamento biblico. Sotto i piedi della prima figura troviamo il sole, Osiride, il sole sempre nei tarocchi è la carta 19, indica la discesa della Luce che libera la mente dalle costrizioni del mondo circostante ed è il simbolo degli Illuminati. Il numero 19 è la massima espressione perchè composto dal primo dei numeri, l’1 che indica Dio e l’ultimo prima della loro ripetizione, il 9. Ricordiamo il velo quaresimale che copriva l’altare durante i quaranta giorni che precedono la Pasqua, sostenuto dalle due figure femminili e l’aureole dorate dietro le due figure coprono forse il vero significato dell’intero dipinto, confondendo artatamente il tutto.
Tornando alla Papessa Giovanna il primo a parlarne nel XIII secolo fu il domenicano Jean de Mailly nella sua “Chronica universalis Mettensis” (1250), seguì l’inquisitore domenicano Étienne de Bourbon con il “Tractatus de diversis materiis predicabilibus” (1260). Tornando ancora alle figure dei Tarocchi, al numero 2 appare l’immagine della papessa. Questa figura ha origini antiche. In realtà la papessa dei Tarocchi era la Grande Madre, divinità preistorica della fertilità. Giovanna invece, nemica giurata di Maria D’Enghien trasformata nella leggendaria Papessa Giovanna. Una ricerca quella legata alla mitica Papessa Giovanna che promette altre nuove rivelazioni. Io nel mio piccolo presto vi racconterò, della leggendaria Papessa e dell’uso del velo quaresimale tra Salento e Carinzia.
Raimondo Rodia