Collepasso nonostante fosse alle falde del punto più alto della provincia di Lecce, non è stato mai nel corso della sua storia un casale medioevale da cui poi successivamente sorse il paese ma da sempre nel corso dei secoli un luogo si abitato, ma nel senso più ampio del termine, infatti non vi era un vero è proprio agglomerato di case intorno alla chiesa ma piuttosto una miriade di masserie abitate ma sparse sull’intero territorio.
Per questo motivo per secoli Collepasso fu frazione di Cutrofiano fino a che nel 1866 vi fu la prima richiesta del prefetto di Lecce al sindaco di Cutrofiano per la sua separazione, ma la nascita del comune di Collepasso avvenne solo nel febbraio del 1907 dopo un interrogazione parlamentare dell’onorevole deputato Vallone di Galatina.
Nel 1692 il Regio Fisco aveva venduto per 3920 ducati Collepasso a Giulio Cesare Leuzzi, qualche anno dopo il 2 maggio 1705 il barone don Giulio Cesare dona al fratello Oronzo Leuzzi la baronia di Collepasso. Oronzo Leuzzi abitava a Gallipoli e lì rimase fino alla morte che avvenne il 15 gennaio 1747, ma nonostante non era dimorante trasformò il vecchio castello in palazzo nobiliare in questo lotto di anni che precedono la sua morte.
Le strutture del XVI secolo ancora visibili nella facciata del castello vennero armonizzate da nuovi corpi di fabbrica in special modo dopo il terribile terremoto del 20 febbraio 1743. A partire dal 1742 poi, a differenza di molti altri feudatari che vivevano di rendita senza modernizzare l’agricoltura, lui costruì uno dei gioielli di Collepasso il palmento baronale sulla vecchia strada per Noha e Galatina.
Infatti se fino ad allora cerealicoltura ed olivicoltura la facevano da padrone, la costruzione del grande Palmento rilancio in queste terre la viticoltura. Il palmento è una vasca ampia e non troppo profonda utilizzata per pigiare l’uva e poi per la successiva fermentazione del mosto. La vasca del palmento aveva pareti di cemento o calcestruzzo o era scavato direttamente nella roccia.
Ricordiamo i tanti esempi presenti in particolare nel Sud dell’Italia specie in epoca bizantina. Il Palmento risultava molto utilizzato durante il periodo bizantino ma anche successivamente particolarmente nel XIX secolo, il vino prodotto infatti era esportato in tutta l’area del Mediterraneo ma il commercio fu interrotto brutalmente sul finire del 800′ prima della guerra commerciale con la Francia ed i problemi dovuti alla terribile Peronospora.
Il vino ricavato dall’utilizzo dei palmenti era caratterizzato da un’alta gradazione ed era venduto per tagliare e rendere corposo il vino francese. Le tecniche poi nel XX secolo cambiarono anche se il vino prodotto in Salento ed imbarcato nel porto di Gallipoli in direzione della Francia prosegui fino alla fine quasi del XX secolo.
Raimondo Rodia
Foto per gentile concessione di Vittorio De Lorenzis