Ad esser precisi si dovrebbe parlare di vitamine del gruppo D. Il termine indica composti pro-ormonali che contengono diverse forme di calciferolo: vitamina D1, D2, D3, D4, D5. Le vitamine del gruppo D fanno parte del gruppo delle liposolubili a cui appartengono anche la A, la E, la K.
Le fonti da cui si ottiene la vitamina D sono l’alimentazione e l’esposizione al sole. I soggetti maggiormente esposti ad una carenza di vitamina D sono rappresentati quindi da coloro che trascorrono poco tempo all’aria aperta e da chi non assume fonti alimentari di vitamina D.
In caso di carenza di questa sostanza, il medico di solito prescrive un cambiamento dello stile di vita o dell’alimentazione oppure l’assunzione di un integratore. Il problema è che difficilmente quando uno ha un problema di natura fisica lo associa a questa carenza. È dal medico nemmeno ci va.
Oltretutto non è un caso che per le donne in gravidanza e in allattamento, gli anziani e i bambini vengano di solito controllati i valori di questa vitamina.
Anche esporre al sole almeno il viso e le braccia per 15-20 minuti al giorno, ovviamente con le dovute precauzioni è una soluzione. Quindi se potete, fatelo. L’alimentazione è l’altro apporto fondamentale di vitamina D. Alimenti di origine animale come uova, latte e derivati, ma anche cibi di origine vegetale, tra cui funghi, cerali e verdure verdi ne hanno discrete quantità.
Ma come si può riconoscere e cosa causa una carenza di vitamina D?
Come dicevamo spesso sono sintomi aspecifici e non riconducibili subito a tale carenza. Ad esempio dolori alle ossa, debolezza muscolare, osteoporosi, problemi cardiaci, asma nei bambini e disturbi cognitivi negli anziani oltre a sintomi depressivi e sudore alle mani è possibile siano dovuti ad anemia di questa sostanza.
Non vanno ovviamente sottovalutati gli effetti a lungo termine con patologie gravissime come il cancro. Questo viene contrastato dall’apporto di vitamina D che inibisce la proliferazione cellulare e induce l’apoptosi (morte programmata).
Studi riportati dall’American Journal of Clinical Nutrition affermano che l’assunzione di 1100UI al giorno di vitamina D associata a 1500 mg/die di calcio ha portato a una riduzione drastica del rischio di cancro.
I ricercatori della Columbia University spiegano il motivo sostenendo che la vitamina D protegge delle particolari proteine di membrana, essenziali alla comunicazione cellulare. Quando tale comunicazione è interrotta, le cellule arrivano a uno stato di regressione sviluppando tumori. Addirittura si pensa che per ridurre oltre 100mila casi all’anno di tumore solo negli USA sarebbe sufficiente aumentare la vitamina D plasmatica a 40ng/ml.
Ma non è tutto purtroppo, anche la famigerata Sclerosi multipla sembra proprio associata alla carenza di vitamina D. Anche qui, un recente studio condotto dall’Harvard TH Chan School of Public Health di Boston, e pubblicato sulla rivista Neurology, ha dimostrato come la carenza di vitamina D aumenti il rischio fino al 50% di sviluppare la sclerosi multipla.
La ricerca su un campione di 3200 donne a cui è stato analizzato il sangue porta alla conclusione che la correzione della carenza di vitamina D nelle donne giovani e di mezza età può ridurre il rischio futuro di sviluppare questa brutta malattia autoimmune.
Una carenza di vitamina D può portare a valori bassi di insulin-like growth factor-1 (IGF-1) e della sua proteina legante 3 (IGFBP3) tre fattori estremamente legati alla fragilità. Quindi anche la debolezza muscolare dovuta all’età è spesso connessa a questa carenza. In Finlandia poi alcuni ricercatori hanno pure trovato una correlazione con mal di testa e cefalea, con un incidenza doppia di cefalea cronica tra i carenti.
Anche il sistema immunitario come era logico aspettarsi trae giovamento dalla vitamina D